«Da piccola passavo il tempo a giocare alla mamma, prendevo la mia bambola, Michelle e la riempivo di affetto e attenzioni.
Mia madre era contenta di vedermi cosi felice e mi ripeteva sempre che da grande sarei stata una mamma fantastica.
Ogni volta che lei me lo diceva, sul mio viso appariva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Ne è passato di tempo d’allora e ora sono cresciuta.»
Ero nella camera di Sara, mia figlia, davanti allo specchio nel quale la mattina si specchiava con i suoi abiti da danza classica.
Lei adorava sognare e le piaceva fingere di essere una ballerina famosa davanti a un pubblico immenso, pronta a fare furore.
Mi guardai allo specchio, riuscii a fare un sorriso abbastanza forzato mentre i miei occhi grigi, stanchi e distrutti versavano lacrime su lacrime.
Avevo provato a non pensarci eppure, da quel fatidico giorno dell’anno precedente, mi ritrovavo sempre qui, nella camera di mia figlia a piangere e a pensare a quei tempi.
«Quando Sara era piccola, era una bambina come poche, mi ripeteva sempre che mi voleva bene e non si faceva molti problemi se io non giocavo con lei, metteva la musica e ballava.
Era una bambina matura, pur avendo solo sei anni.
Poche volte mi chiedeva una storia, io cercavo sempre di accontentarla.
Mi sedevo sul suo letto e le leggevo “Il Piccolo Principe”.
Mi ripeteva sempre che la volpe le stava molto simpatico e che voleva un animaletto come migliore amico, proprio come Il Piccolo Principe.
Se lei era felice, io lo ero con lei.
Se io ero triste, lei mi consolava .
Le dovevo tanto.
Un giorno mi convinsi a prenderle un cucciolo, volevo farle una sorpresa.
Subito dopo averla presa a scuola saremmo andate al canile.
La vidi da lontano, stava giocando a palla con i suoi amici, io di getto sorrisi felice per lei, finalmente aveva degli amici.
La palla uscì dal parchetto della scuola insieme a Sara che le correva dietro.
Era in strada, avrei volute gridarle di stare attentat, ma era troppo tardi.
Una macchina l’aveva investita e di lei rimaneva solamente il suo corpicino senza vita.»
Continuavo a piangere davanti a quel futile specchio.
Riuscivo solo a piangere.
Davvero non potevo fare nient’altro?
I singhiozzi si fecero sempre più forti, mi diressi in cucina, presi un coltello, oramai mi ero decisa a porre fine a tutto questo, e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea,nessuno…
Avvicinai a me il coltello, per poi sussurrare
«Ti raggiungerò mio raggio di sole.»
«Mamma… perchè sei triste? Non essere triste ci sono qua io! »
Mi lasciai scivolare il coltello dalla mano, avevo gli occhi lucidi.
Non ce la feci più, mi accasciai a terra tra le mie lacrime.
Dovevo continuare a vivere.
Per il mio raggio di sole.